giovedì, Marzo 28, 2024
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Medici ed ecig: in quanti consigliano i dispositivi a rischio ridotto?

Il mondo della smoking cessation comprende soluzioni diverse, nate con il comune scopo di aiutare i fumatori ad uscire per sempre dalla porta del tabagismo. Il Ministero della Salute indica una serie di terapie efficaci per smettere di fumare, prima tra queste la consulenza professionale dei centri antifumo che, sulla base delle singole esigenze, possono consigliare le terapie e gli strumenti più efficaci per smettere di fumare (tra questi ci sono i farmaci, i prodotti sostitutivi della nicotina e anche la sigaretta elettronica).

Nell’ultimo decennio, l’avvento sul mercato dei dispositivi a rischio ridotto ha riscontrato un enorme successo e ha dimostrato (come mostrano anche diversi studi condotti presso il CPCT del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania) grande efficacia di risultati, aiutando migliaia di persone a smettere di fumare definitivamente. 

Ma come si approcciano i medici e gli operatori sanitari alla sigaretta elettronica?

Molto spesso, sono proprio i medici di base che consigliano ai propri pazienti di smettere, soprattutto se il paziente Riporta patologie cliniche che necessitano l’abbandono dell’abitudine per prevenire aggravamenti.

Una recente sondaggio, “Tobacco Harm Reduction: In Pursuit Of Awareness And Training For Health Care Professionals”, ha voluto indagare le opinioni dei medici e degli operatori sanitari sulle strategie di riduzione del danno e, nello specifico, sull’utilizzo o meno della sigaretta elettronica nei percorsi di cessazione. 

Per meglio inquadrare l’argomento, abbiamo intervistato il Dr. Fabio Beatrice, Direttore del Centro Antifumo San Giovanni Bosco di Torino, interpellato dallaivista americana Journal of Community Medicine & Public Health Caresull’argomento.

Buongiorno dr. Beatrice, ci racconta come  nasce l’idea del sondaggio?

Buongiorno, mi è stato richiesto un parere sull’argomento da una rivista americana, con l’obiettivo di chiarire al pubblico americano se la tossicità residuale del fumo elettronico fosse un problema o un’opportunità. L’idea nostra è che, se correttamente applicato, rappresenti un’opportunità, poiché l’alternativa è che i fumatori continuino a fumare e rimanere cronicamente in balia della loro dipendenza, aggravata dal catrame e dai componenti tossici della sigaretta convenzionale.

Dall’articolo emerge che le percentuali di medici che forniscono informazioni in materia di cessazione sulla sigaretta elettronica sono solo il 12%: questo perché c’è confusione o perché vi è una generale mancanza di informazione?

Innanzitutto vi è un deficit di informazione e un’informazione confusa, perché si sentono suonare diverse campane: le campane istituzionali suonano infatti in maniera contraria. Se andiamo a valutare ciò che succede sul campo, però, gli addetti hai lavori hanno un problema, ovvero la stragrande maggioranza di insuccessi di trattamento al fine di cessazione. I

Il problema nasce proprio dall’insuccesso delle linee guida istituzionali: i fumatori che si rivolgono ai centri antifumo sono pochissimi, parliamo di 10 mila fumatori l’anno su un totale di 12 milioni di fumatori. Di questi, il 55-60%, anche aiutati, anche con i farmaci, nell’ottemperanza delle linee guida, non riesce a smettere. Quindi, abbiamo una quantità elevata di persone abbandonate a loro stesse, non riuscendo infatti a lavare nemmeno il 30-40% di coloro che fumano. Dunque questo è l’insuccesso delle linee guida: tutte quelle indicazioni funzionano sul piano teorico, ma non su quello pratico.

In secondo luogo, la sigarett elettronica non nasce per la cessazione: l’idea alla base della sua creazione era quella di cercare di ridurre i danni derivati dalla combustione, creando un dispositivo alternativo e meno dannoso. 

Tutti i lavori che mettono al centro della questione la tossicità, non comprendono che non stiamo parlando di un farmaco, ma di un prodotto a supporto di coloro che non riescono a smettere. Se un prodotto mi riduce il rischiodel 50%, è già un successo. Le ecig lo riducono addirittura del 90% quasi. E dunque dove sta il problema? Nel continuare una dipendenza? Ma tanto continuerebbe comunque perché finché gli stati produrranno sigarette avremo comunque una dipendenza sdoganata a livello sociale.

La ricerca

Tre società scientifiche italiane hanno condotto una serie di sondaggi tra gli operatori del sistema sanitario, medici di base, angiologi, pneuomologi ed operatori sanitari, per valutare la loro opinione sul fumo elettronico. 

Molto spesso, i medici rivolgono ai pazienti consigli generici, contenti semplicemente un’indicazione a smettere di fumare e consigliando percorsi o strategie che ricalcano il percorso delle linee guida internazionali. Linee guida che, come rimarcato anche dal Dr. Beatrice, hanno dimostrato la propria inefficacia.

Dati alla mano, infatti, mentre il numero di fumatori elettronici è in ascesa, rimane altrettanto alto il numero di morti che ogni anno si registrano a causa di patologie fumo-correlate.

Secondo i sondaggi in questione, Il 7% degli intervistati ha dichiarato di essere un fumatore, il 70% un non-fumatore mentre il 20% un ex-fumatore.

Nell’approccio medico paziente, il 76% degli intervistati consiglia ai pazienti di smettere completamente, ma solo il 9% si informa se il soggetto è esposto al fumo passivo che, ormai si sa, essere pericoloso quanto il fumo diretto.

Il dato che incuriosisce, però, riguarda le sigarette elettroniche: solo il 12% degli intervistati le consiglia come strumento di cessazione. Nonostante molti si dichiarino favorevoli a una maggior informazione in materia, le ecig non godono della popolarità che hanno, ad esempio, in Inghilterra dove, invece, i medici sono invitati a consigliarle nell’ambito dei percorsi di smoking cessation.

Sostenere la ricerca scientifica di settore e permettere alla classe medica di ricevere una maggior informazione significa agire su un rapporto privilegiato, quello medico-paziente, spesso il primo punto di contatto che un tabagista ha con il mondo della cessazione. 

Pochi infatti sono i fumatori che spontaneamente si presentano nei centri antifumo: molto spesso è proprio il medico di base a consigliare di smettere, ma se il medico stesso non possiede le informazioni necessarie per consigliare possibilità alternative, allora anche il paziente rimarrà all’oscuro.

L’approccio da parte del fumatore la fumo elettronico, se supportato dall’oggettività e dalla trasparenza intrinseca del rapporto medico-paziente, oltre che rafforzare l’alleanza terapeutica potrebbe implementare l’orizzonte delle strategie di cessazione.

Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.

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